disponibile il volume dell'Evento Collaterale della 54.Biennale di Venezia;
ordinalo scrivendo a NEOLUDICA@GMAIL.COM
disponibile in italiano e in inglese
“Questo volume contiene tanti punti di vista sul videogioco più uno: il tuo.
Il mondo videoludico nel 2011 è un cosmo o un caos?
Quindici curatori hanno scelto trentatré artisti per iniziare a parlarne senza muri divisori, al massimo pareti capaci di provocare sinossi o differenze per indagare il rapporto arti visive-videogames.
Dalla 54.Esposizione Internazionale d’Arte-La Biennale di Venezia si inizia a parlare di Neoludica.
Visioni, illuminazioni, testi poetici, saggi critici tracciano in questo libro le direzioni di una nuova materia.
L’arte è in gioco.
Vogliamo cambiare il passato”. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
ESTRATTI DALLE NOSTRE PUBBLICAZIONI
Neoludica philosophy
Siamo
multilevel: questo artisti, filosofi e scienziati l’hanno sempre saputo.
Navighiamo su internet coscienti di una seconda navigazione platonica, di un
salto di livello aristotelico dalla potenza all’atto, ai diversi livelli delle
gerarchie celesti o dell’inferno dantesco, preda allo stesso tempo dell’eroico
furore di Bruno e dei calcoli binari di Leibniz. I veli di Maia li strappiamo
con piacere, senza nasconderci: lasciamo le stesse tracce di Derrida. Noi siamo
fatti della stessa sostanza di un quadro fiammingo (olio), dell’inconsistenza
prepotente di un film di Kulešov. Dietro la città ideale del Rinascimento
vediamo prendere luce la Parigi di Daguerre, l’Esposizione Universale del 1889
con la Torre Eiffel, ripresa a volo d’aquila da Google Earth. Giochiamo a SimCity.
Siamo anche videoludici, anzi, NEOLUDICI, perché l’arte è in gioco. Perché oggi
il mondo è un videogioco, una scommessa sul futuro a 360°, dove il nuovo medium
videoludico, nato cosciente della sua finzione, può finalmente uscire dallo
specchio come Alice e dire la sua nei confronti di una società umana quanto mai
stratificata e complessa. Le due realtà – che sommate fanno una sola realtà
aumentata – si somigliano e non possono fare a meno l’una dell’altra.
Debora
Ferrari, Luca Traini, in AA.VV. Arte e
videogames – Neoludica, Skira, Milano, 2011
La svolta ludica dei
mezzi di comunicazione
A un declino della sala giochi e dei
giochi arcades corrisponde l’evoluzione dei giochi per home computers e delle
consoles, l’introduzione delle consoles portatili, l’esplosione dei giochi on
line e la diffusione capillare delle apps nei telefonini e nei siti web. Questa
interpretazione non è sbagliata, ma è incompleta perché focalizzata sul solo
fenomeno del videogioco. Se, al contrario, allarghiamo lo sguardo all’intero
universo dei media ci accorgiamo di un fenomeno più ampio e radicale: l’avvento
del videogioco ha dato luogo a una serie complessa di interazioni,
trasformazioni ed evoluzioni di forme semiotiche e linguaggi mediali; il
risultato finale di questo processo è la complessiva “ludificazione” dei media
contemporanei.
Ruggero Eugeni, in
AA.VV. Arte e videogames – Neoludica, Skira,
Milano, 2011
Arte
e videogioco: interazione, ambiente ed emotività
Le cabine degli albori del videogioco
ricordano gli ambienti creati dagli artisti negli anni Sessanta in quanto hanno
lo stesso scopo di introdurre il corpo del fruitore all’interno di un mondo
fisico e virtuale allo stesso tempo. Oggi questi dispositivi tradizionali
stanno diventando desueti a favore di una tecnologia che consenta una maggiore
interazione: i dispositivi che fanno da raccordo tra software e manualità del
giocatore come in Wii, Playstation3, Xbox360 o la piattaforme che riconoscono
il movimento del corpo quali Kinect e la stessa tecnologia touchscreen
dell’Ipad prevedono un’interazione più diretta tra il corpo del giocatore e
l’azione su schermo. E’ però soprattutto la dimensione software del videogioco
a offrire spunti di riflessione sulla sua dimensione di fruibilità interattiva.
Elena Di Raddo, in
AA.VV. Arte e videogames – Neoludica, Skira,
Milano, 2011
L’applicazione tecnologica nell’era della sua
manua(bi)lità artistica
Nel caso del
prodotto videogioco è una bottega globale a operare, come per i film di
animazione, dove ciascun artista è preposto a un ruolo tecnico preciso: chi realizza
il personaggio, chi lo scenario, chi l’architettura, chi l’animazione, chi le
luci e le ombre, chi la musica. Il risultato finale è una grande macchina da
gioco dalle complesse qualità estetiche e psico-sociologiche creata da una
coralità di autori alla base della filiera video ludico-artistica e di consumo.
“Arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” affermava Benedetto Croce. “Un
gioco è un gioco solo quando lo afferma il giocatore” specificava Gregory
Bateson. Il confine tra piacere ludico e etnomatematica è sempre più sottile,
mentre crescono i titoli dei videogiochi disponibili e oggi condivisibili in
rete. Non solo la bottega globale dei creatori, ma anche la fruizione
collettiva postgeografica dei giocatori, da ogni parte del pianeta. Entrano nel
nostro mondo o stiamo entrando noi nel loro?
Debora Ferrari, in AA.VV. The art of
games, Trarari Tipi, Aosta, 2009
I giocatori come artisti
L’attenzione
critica al design, all’arte e alla programmazione dei giochi, al loro sviluppo
in generale e al ruolo di autore del(i) game developer in particolare è
un problema che sta al centro degli studi sui videogiochi. I giocatori non
userebbero i giochi per creare arte e film, se i game developer non
avessero dato loro dei giochi avvincenti. Detto questo, vi rivelo la mia
posizione al riguardo: la creatività dei giocatori è spesso avvincente quanto
il design del gioco. La creatività dei giocatori definisce il gioco digitale
come una base
per
l’espressione personale e artistica. La creatività dei giocatori, incluse le
forme di performance e di pubblico che ha prodotto, merita più attenzione da
parte degli studi sui videogiochi. Anche la creatività dei giocatori è arte.
Henry Lowood, in
AA.VV. The art of games – Nuove frontiere
tra gioco e bellezza, Trarari Tipi, Aosta, 2009
Promotori,
Creatori, Sviluppatori? Per favore chiamateci Giocatori!
Prima regola
del gioco: comunicare. Abbiamo passato anni a inseguire Wittgenstein per
chiedergli le dovute spiegazioni. Ma le risposte più utili le abbiamo ricevute
nelle sere fredde d’inverno, a tavola con De Saussure o al bancone di un bar
con Jakobson. E così abbiamo scoperto che anche il linguaggio è gioco, ma non
ci accontentiamo di regole fisse se non possiamo metterne in campo di nostre.
Circondati da altri pionieri che si esprimono come noi, viaggiamo verso una
direzione
nuova che da
gioco si fa cosa seria, da passione vuol mutare in professione. Lungo il
cammino ogni errore si trasforma in insetto, quando non è uno scivolone.
Viaggiatori omerici, fautori del proprio destino, non possiamo negare di aver
spesso la fortuna dalla nostra. Ma non è sempre di fortuna che si tratta; molto
spesso è alea. Ogni sfida diventa agon, e il segreto per vincerla
è starci dentro con tutti se stessi. Immedesimarsi, mimicry, senza mai
gettare la maschera. Crederci fino in fondo e infine farsi trascinare in
un’inevitabile spirale adrenalinica, ilinx: quella vertigine che ti
tiene, presa salda sul joypad, con gli occhi sbarrati incollato allo schermo.
Salvatore Fallica, in
AA.VV. Arte e videogames – Neoludica,
Skira, Milano, 2011
Dai classici letterari
al medium videoludico
In realtà le tematiche e gli elementi
del romanzo moderno, al di là delle estremizzazioni proprie di God of War e
Legacy of Kain, costituiscono la base strutturale della maggior parte dei
videogiochi. E’ facile constatarlo nel caso degli rpg e degli action-adventure,
ge-nere quest’ultimo a cui appartengono le due citate saghe videoludiche. In
queste tipologie di giochi, che non a caso sono quelle in cui è previsto lo
sviluppo di una solida trama, l’eroe che siamo chiamati a impersonare è sempre
un personaggio che, partendo dalla totale as-senza di esperienza, compie un
viaggio durante il quale matura, acquisisce nuove capacità e guadagna via via
una posizione di forza nel mondo di gioco. La presenza della trama motiva
questo processo di sviluppo e arricchimento, evitando che diventi fine a sé
stesso, finaliz-zandolo ad ottenere la forza necessaria ad affrontare un
antagonista finale.
Mauro Nicolini, in AA.VV. Arte e videogames – Neoludica, Skira,
Milano, 2011
Opere d’arte ludiche. Illustrare il gameplay
In quella
pratica insieme artistica e industriale che è il game design, il game artist
rappresenta un nodo importante. Come tutti gli artisti, anche i game artist
utilizzano una serie di convenzioni.
Alcune di
queste sono trasparenti solo agli ‘addetti ai lavori’. Altre sono intelligibili
anche a coloro che non frequentano abitualmente i mondi videludici. I
videogiochi rappresentano il canale distributivo privilegiato della game art,
dal design dei personaggi agli ambienti, dai modelli poligonali alle
animazioni, insomma delle componenti visive dell’opera in esame. Si potrebbe
affermare che la game art ha una natura essenzialmente conservatrice, dato che
le case di produzione tendono a privilegiare archetipi, stili e modelli che
hanno incontrato i gusti del pubblico. Ma negli ultimi anni, estetiche
emergenti stanno mettendo in discussione lo status quo, rompendo con la
tradizione e costringendo i creatori a ripensare il loro modus operandi. La
diversificazione delle piattaforme e dell’offerta, l’affermazione degli indie
games e l’allargamento dell’audience ha avuto notevoli ripercussioni
sull’iconografi a del medium.
Matteo Bittanti, in
AA.VV. The art of games – Nuove frontiere
tra gioco e bellezza, Trarari Tipi, Aosta, 2009
Arte
e videogame. Confini e sconfinamenti
La concept art
è molto importante per la vita di un videogame. Non si tratta semplicemente di
studiare l’aspetto dei personaggi e creare gli ambienti in cui agiscono; e non
si tratta solo di un lavoro dietro le quinte, che non raggiunge mai il
pubblico. La concept art “apre” l’esistenza di un videogame anticipandolo sulle
riviste e i siti di settore, creando aspettativa e cominciando a introdurne
storia e caratteri; la accompagna sui booklet e sui manuali; garantisce la
continuità tra
le diverse
versioni del gioco, spesso molto diverse per il venir meno di determinati limiti
tecnologici. L’aspetto di Lara Croft è cambiato notevolmente dalla sua prima
apparizione nel 1996, ma la concept art ha fornito il modello che garantisce la
continuità del personaggio. Quando i videogame erano tutt’altro che
fotorealistici, la concept art dava all’immaginazione del giocatore la capacità
di completare ciò che la tecnologia non consentiva. In un “approccio olografico”
ai videogame
(Laurie
Taylor), la concept art assume un ruolo tutt’altro che secondario. Infine, la concept
art costituisce una premessa indispensabile per la fan art, con cui spesso instaura
una relazione dialettica.
Domenico Quaranta, in
AA.VV. The art of games – Nuove frontiere
tra gioco e bellezza, Trarari Tipi, Aosta, 2009
Vero
come un gioco. Problemi estetici attorno al videogame
In ambito
artistico, la crisi del modernismo “forte”, avvenuta già nella prima metà degli
anni sessanta, ha mostrato come anche la ricerca nella direzione opposta porti
in realtà a un punto d’arrivo oltre il quale è impossibile proseguire,
idealmente e storicamente incarnato dal proliferare di tele bianche nella
pittura newyorkese di quegli anni, e come dunque sia in realtà la visione
lineare e progressiva in sé – quale che sia la direzione – a costituire il
problema. Da qui la sostituzione della linea modernista con l’arabesco
postmodernista, fatto di ritorni, di intrecci, di citazioni e, soprattutto,
di media al plurale che si sostituiscono quasi puntualmente al singolo medium. Il
videogame occupa in tutto ciò una posizione particolarissima, poiché si colloca
sulla linea modernista di progresso tecnologico, ma lo fa in modo estremamente estetico,
e in anni in cui il linearismo ha già ampiamente consumato la sua crisi.
Kevin McManus, in
AA.VV. Arte e videogames – Neoludica,
Skira, Milano, 2011
Cyberluoghi.
Spazi digitali nell’architettura dei videogiochi
L’ideologia
“decostruzionista” di SimCity “prevede il disfarsi della città anche nel
momento in cui si simula il suo costruirsi. Un disfarsi (legato a fenomeni
contingenti quali traffico, crimine, disordini, disastri) funzionale al gioco.
La dialettica tra costruzione e distruzione della costruzione è ciò che rende
appetibile la simulazione”. Tuttavia SimCity rappresenta un’eccezione
nell’immaginario
della città
videoludica, teso a cancellare digitalmente la complessità e l’entropia, dove
si concentrano perlopiù citazioni o meglio “rimediazioni” di forme ed estetiche
caratteristiche di altri media, dal cinema alla fotografia, dalla pittura alla
letteratura ai fumetti. L’immaginario degli autori videoludici di dipana
infatti tra luoghi apocalittici con architetture futuribili, futuristiche e
postindustriali (come i Mattatoi Ernia di Oddworld), ma anche
rinascimentali e gotici (Assassin’s Creed), mondi fantastici (come
quelli di Super Mario, il pianeta immaginario, l’Hyrule Castle, il
castello della principessa Zelda), città immaginarie (come Silent Hill, Lost
Heaven, Raccoon City)
dove in molti
casi è presente la dimensione del sublime. Gli esiti migliori li ritroviamo nei
piani dell’ispirazione di Lorne Lanning nei suoi legami sia con l’arte
rinascimentale italiana sia con le avanguardie (certi scorci di Oddworld riportano
alla mente le città di Sant’Elia e di Mario Chiattone).
Alessandra Coppa, in
AA.VV. Arte e videogames – Neoludica,
Skira, Milano, 2011
Immagine
fotografica e immagine neoludica. Le ragioni di un matrimonio perfetto
L’immagine
video ludica usa con naturalezza la fotografia, la ricolloca in una nuova
dimensione, e nel farlo incide a sua volta sulla ridefinizione della natura
stessa del documento fotografico che, nel suo prestarsi a nuovi utilizzi, si
offre pure alla possibilità di una lettura differente da quella cui siamo
abituati. Ciò va letto, però, in un più ampio contesto di nuova interpretazione
dell’immagine fotografica, che peraltro si è radicata proprio da quando
l’immagine videoludica si è sviluppata
e imposta, e
rispetto alla quale questa traduzione in un alibi virtuale e interattivo si
presenta come l’approdo di un percorso coerente, che già si era fatto strada in
ambito prettamente fotografico. Ecco perché la fotografia, tradizionalmente
intesa come realistica restituzione del dato reale, ha potuto coniugarsi
perfettamente con una dimensione concretamente altra, pur nel suo essere
virtuale, come quella dell’immagine videoludica, diventandone un elemento in
qualche misura costitutivo.
Cristina Casero, in AA.VV. Arte e
videogames – Neoludica, Skira, Milano 2011
ESTRATTI DA ASSASSIN'S CREED ART (R)EVOLUTION
La storia di Assassin’s Creed si mescola con quella vera riportando alla luce personaggi storici
come Leonardo da Vinci, Cesare Borgia e Machiavelli. Si innesta sulle
mitologie, quelle cristiane, pagane e appartenenti ad altre culture e altri
continenti, dando vita a un nuovo mondo di riferimento. Il mondo è forse
l’ingrediente principale della transmedialità moderna. Sostituisce la struttura
narrativa tradizionale della monomedialità. Perché consente diversi punti di accesso
alla storia e consente di sviluppare narrazioni
infinite, figlie e parenti prossime ma anche spin-off della vicenda principale. Il mondo più della
storia si presta a essere raccontato pezzo per pezzo da media differenti.
Alberto Coco, Transmedialità
Ideare e curare una
mostra e un libro su Assassin’s Creed è come sbarcare nel Nuovo Mondo. È
iniziare un’esplorazione accuratissima su generi, forme, piattaforme, tecniche,
strutture, iconografie, ispirazioni, narrazioni, visioni cromatiche e sonore,
che ne fanno un’opera d’arte multidimensionale e multisensoriale, da
attraversare attivamente giocando o godere passivamente come linguaggio
contemporaneo, File Art. Dopo aver
portato le game art alla Biennale di Venezia nel 2011, per noi l’idea
più emozionante è stata quella di pensare a un museo temporaneo di Assassin’s
Creed, il videogioco che ha fatto dell’arte e della storia il centro della
sua esistenza-azione-fama.
Debora Ferrari, Concept art di Assassin’s
Creed e risveglio di forme artistiche sopite
Il gioco Assassin’s
Creed, recuperando in chiave ludica e fantastica, con grande attenzione e
attraverso approfonditi studi multidisciplinari, personaggi e luoghi della
storia, ha avuto l’indubbio merito di avvicinare alla cultura, alla storia e
quindi all’arte, un pubblico molteplice e diverso in tutto il mondo, suscitando
la curiosità di conoscere i luoghi, le opere e le culture attraversate dal
gioco.
Riccardo Hofmann, Arte, innovazione, tecnologia… turismo
La saga di Assassin’s
Creed è figlia di un’epoca storica stanca dei facili collage di pezzi del
passato mescolati a casaccio col presente, tipici dell’arte e del pensiero
postmoderno di maggiore successo. Assassin’s Creed nasce affamato di storia
dopo che, all’inizio degli anni novanta, era stata decretata proprio la “fine
della storia”. La storia di Assassin’s Creed nasce già grande. La madre
è l’École des Annales con la sua rivalutazione del Medioevo “meraviglioso e
quotidiano”; il padre, Michel Foucault, il suo indagare le osmosi fra potere e
sapere. L’area di riferimento è francofona, come la casa madre del game.
Luca Traini, Assassin’s Creed fra epica e utopia. Indagine su
un’interazione storica
La fuga è disperata, emissari dei Templari
ci circondano. Desmond, sei un Assassino!
Lucy mi consegna una lama celata. Con il vigore e la rapidità dei miei
antenati, un balzo dopo l’altro, elimino gli assalitori portando gli scienziati
e l’Animus in salvo su un furgone. Non solo la vista, ma anche il mio corpo è
rinvigorito dall’esplorazione della mia mente. La sincronia del DNA ha risvegliato
le abilità di Assassino un tempo apprese alla Fattoria. Quelle visioni…
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Johan Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, 1973
Umberto Galimberti, Psiche e Techne, Feltrinelli, 1999
Jean Clair, Critica della modernità, Allemandi, 1983
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G.L. Bravo-R. Tucci, I beni culturali demoetnoantropologici, Carocci, 2006
William Gibson, L’accademia dei sogni, Mondadori, 2003
Federico Zeri, Dietro l’immagine, Longanesi, 1987
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Lauro Galzigna, Il piacere estetico, Supernova, 2002
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Deseriis-Marano, Net.Art, Shake Edizioni, 2008
Neil Postman, Divertirsi da morire, Longanesi, 1986
Lévy-Leblond, La velocità dell’ombra, Codice, 2007
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HR Giger ARh+, Taschen, 2003
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Nomos Edizioni, 2008.
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