Potete leggere l'intervista qui e approfondire l'attività di Debora Ferrari nel suo blog.
Pubblichiamo come estratto una risposta:
"Perché a suo avviso anche i videogiochi possono essere considerati delle opere artistiche?
A parte un discorso contemporaneo viziato dal mercato, a parte ciò che proprio è solo sfogo creativo personale, l’Arte in tutte le epoche ha sempre assolto a delle funzioni nella società. Non tutti i videogiochi sono arte (come non tutta la fotografia non tutto il cinema non tutta la pittura, eccetera, è Arte), ma alla base c’è l’arte e la sapienza artistica degli autori e anche dei game designers. I giovani artisti che creano hanno abilità artistiche e conoscenze iconografiche molto profonde. Manca forse una cosa per far diventare Arte tutto questo processo: la consapevolezza dell’artista della libertà del mezzo. Nella Game Art questo c’è, nella game art (dei videogiochi) c’è ancora molto da conquistare.
Viviamo oggi un momento intermedio: come cento anni fa quando Pastrone e D’Annunzio crearono il primo cinema d’arte e gli americani guardarono a noi per trasformare quello che era un ‘fenomeno da baraccone’ in una espressione artistica destinata a diventare l’industria più importante del XX secolo. In questa fase intermedia assistiamo a una commistione strana, che io chiamerei ARTEinment (innestando le due parole ARTE e Entertainment), ovvero una osmosi tra i linguaggi che porterà alla nuova arte del XXI secolo. Probabilmente -come dice Salvatore Mica di E-Ludo- fra qualche anno non chiameremo più ‘videogiochi’ i videogiochi!
Diciamo che il videogioco è la prima arte a essere consapevole della propria finzione, a differenza delle altre che hanno sempre cercato una somiglianza o un contrasto con la Natura".
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